Da 20 anni il Parlamento lavora a proposte di legge mai giunte a buon fine. È una questione di civiltà ed è quello di cui si deve occupare la politica: di diritti e di civiltà.
Il riconoscimento del reato di tortura nel codice penale del nostro Paese. E’ il cuore di una risoluzione presentata in Regione da numerosi consiglieri del Pd e di Sel (Paolo Calvano primo firmatario) e da me convintamente sottoscritta, anche a seguito del “crescente interesse sul tema dimostrato dall’opinione pubblica”. E’ infatti di questi giorni la consegna al ministro della Giustizia Orlando, da parte di Ilaria Cucchi, sorella di Stefano, di oltre 223 mila firme raccolte attraverso una piattaforma di petizioni on-line, per chiedere l’introduzione del reato di tortura in Italia.
L’eliminazione della tortura, del maltrattamento e del trattamento o della pena disumani e degradanti è parte integrante della politica dei diritti umani dell’Unione europea. In Inghilterra, Francia, Austria, Belgio, Danimarca, Olanda, Polonia, Portogallo, Spagna, Svezia, Svizzera, Turchia il reato di tortura esiste e come tale viene punito; in Germania non vi è un legge ad hoc ma il divieto discende dall’adesione alle convenzioni internazionali, dalla Costituzione e da altre norme di legge. In Italia dopo i “falliti tentativi” delle scorse legislature, attualmente, la presentazione di nuovi disegni di legge, già a partire dal 2013 “è stata certamente un segnale positivo”, considerando anche che il nostro Pase “non è immune da questo drammatico fenomeno, come confermano i gravi casi di violazione dei diritti umani, come quelli di Federico Aldrovandi, Stefano Cucchi, Giuseppe Uva e i fatti legati al G8 di Genova”.
La risoluzione impegna quindi la Giunta regionale “ad attivarsi nei confronti del Parlamento affinché venga ripresa la discussione delle proposte di legge per l’introduzione del reato di tortura, nel massimo rispetto delle Convenzioni internazionali, accelerando l’iter di approvazione di un unico testo”.